Qual è la semantica delle startup italiane? Qualche dato Atoka
Le start Up italiane oggi sono oltre diecimila e grazie ad Atoka è possibile conoscerne il lessico.
Le startup italiane innovative sono oltre diecimila (a oggi sono 11.820). E anche se la gran parte di esse ha ricavi inferiori ai centomila euro, e solo 243 hanno ricavi di almeno un milione di euro, è anche vero che le startup rappresentano uno dei segmenti più dinamici e interessanti dell’economia italiana. È un segnale di speranza per un paese che, in base alle graduatorie più autorevoli, continua a essere uno dei meno innovativi dell’Occidente.
Provincia italiana | Numero di startup innovative |
Milano | 2.553 |
Roma | 1.371 |
Napoli | 583 |
Torino | 504 |
Bologna | 367 |
Padova | 350 |
Bergamo | 281 |
Ma qual è il lessico di queste aziende? Quali sono le parole-chiave che più caratterizzano la loro attività?
Grazie ad Atoka è possibile conoscere il lessico delle startup innovative italiane, attraverso l’analisi semantica di una grande quantità di sorgenti-dati associate alle startup; ne sono un esempio l’analisi dei social media, dei siti internet, sulla base di alcuni parametri di occorrenza predeterminati. Uno strumento prezioso per orientarsi meglio in un mondo complesso e in rapida evoluzione, dai contorni ancora poco delineati, come quello delle startup.
Tra le parole chiave, spiccano “algoritmo” (che contraddistingue numerose startup attive nel settore informazione e comunicazione, Ateco J), e altri concetti dell’economia digitale come “intelligenza artificiale”, “software”, “apprendimento automatico”, “big data”, “app”, “social network”, “chatterbot”. Sono identificativi termini molto più generici come “tecnologia” e “ricerca e sviluppo”; riferimenti a tecnologie cruciali anche per il nuovo manifatturiero (“Internet delle cose”), per l’industria dell’intrattenimento (ad es. “realtà aumentata”) e per il fintech (“blockchain”). Non mancano concetti legati al digital manufacturing (“stampante 3D”) e a fenomeni economici relativamente recenti come il “crowdfunding” e la “sharing economy”.
È evidente, già dalla semantica, la preponderanza di startup innovative orientate all’economia digitale. In effetti anche la distribuzione per codice Ateco lo conferma:
Codice ATECO | Numero startup innovative |
Servizi di informazione e comunicazione J | 5.974 |
Attività professionali, scientifiche e tecniche M | 2.578 |
Attività manifatturiere C | 1.957 |
Commercio all’ingrosso e al dettaglio G | 342 |
Noleggio, agenzie di viaggio, servizi supporto imprese N | 209 |
Altro | 760 |
Focalizzandosi invece sui singoli macrosettori, la semantica cambia notevolmente. Ne sono un esempio le startup innovative operanti nel macrosettore J che sono caratterizzate, a livello semantico, anche da concetti non presenti nella presentazione complessiva descritta sopra. Alcuni di questi sono: “gamification”, “cloud computing”, “data mining”, “equity crowdfunding”.
Nel macrosettore M non mancano, invece, alle “biotecnologie” e a termini della biologia come “nutraceutica”, “reazione a catena della polimerasi”, “acidi nucleici”, “produzione additiva”, “macromolecole”, “ingegneria tissutale”, “marker”: del resto il biotech è – lo dimostrano vari report – uno dei settori della knowledge economy dove l’Italia è più vitale; ci si imbatte naturalmente anche in riferimenti ad altri mondi tecnologici come l’agritech “acquoponica”, “agricoltura di precisione”, il nanotech , con termini “nanomateriali” “nanoparticelle”, i “veicoli a pilotaggio remoto”, cioè i droni.
Interessante è poi la semantica delle aziende del macrosettore C: “digital manufacturing”, un concetto che unisce tecnologie come gli “scanner 3D” e la “produzione additiva”. Qui sono caratterizzanti diciture come “Internet delle cose”, che è una condicio sine qua non per la cosiddetta Industria 4.0, “sensori”, “plug and play”, “prototipo”. Si tratta sempre di un lessico comunque innervato dalle ICT (“software”, “big data”), ricco di rinvii ai nuovi materiali, si trovano termini come “grafene”, e a nuovi filoni molto promettenti come la distribuzione dell’energia (“smart grid”) e i wearables (“dispositivi indossabili”), e soprattutto alla dimensione della Intellectual Property con “brevetto” o “segreto industriale”.